Marketing Virale: cosa dovrebbero fare le aziende
Marketing Virale: come pianificare una campagna
Ci troviamo in una società che cambia continuamente, dove lo scambio d’informazioni tra le persone avviene quasi in modo istantaneo, pensate agli aggiornamenti di stato di Facebook o a una consultazione immediata di TripAdvisor magari con la funzione di geo-localizzazione.
Qualche anno fa trascorsi un’intera “vacanza social”: partii stabilendo solo la meta (Sicilia) il resto, come il posto dove soggiornare o mangiare, l’ho stabilii in tempo reale attraverso richieste su Facebook e recensioni su TripAdvisor. È stata una vacanza fantastica, ho scoperto luoghi incantati che a volte nemmeno nei siti di settore turistico erano citati.
Come me, milioni di persone consultano i Social Network e i siti di recensioni prima di effettuare un acquisto, per questo motivo le aziende non possono più basarsi sul solo modello di branding tradizionale incentrato prevalentemente sulla pubblicità televisiva, radiofonica o (peggio) su carta.
Il tempo dei consumatori ingenui e facilmente influenzabili sta lasciando strada una una fetta sempre più grande di consumatori attenti e consapevoli.
Una ricerca Nielsen eseguita su circa 30 mila utenti in 58 Paesi ha stabilito che
il 59% dei navigatori acquista un prodotto dopo una ricerca sul web.
Inoltre è stato visto che il 39% acquista dopo aver letto le informazioni contenute su un blog e il 30% dopo aver letto le conversazioni su Social Media (risposta multipla).
L’approccio “top-of-mind” ovvero essere il primo dei prodotti che ti salta in mente quando hai una determinata esigenza, sostenuto da una pressante pubblicità a tappeto, non dà più i risultati di un tempo. A questo approccio è necessario affiancare una strategia di comunicazione che possa aiutare il brand ad entrare a far parte delle conversazioni tra persone.
In altre parole è necessario che i responsabili del marketing si concentrino sul costruire una comunicazione che esalti elementi del brand o del prodotto che possano stimolare (ispirare) le persone, che possa altre sì attecchire nel sistema culturale. Deve andare a smuovere sentimenti, ideologie, entusiasmi ed emozioni che possano, in un modo o nell’altro, innescare il passaparola.
È possibile farlo anche laddove il prodotto non abbia specifiche caratteristiche innovative, si pensi al caso Dove quando nel 2004 lanciò la campagna “donne autentiche” (clicca per ingrandire)
il sapone/deodorante non ha in sé nulla di veramente innovativo, ma Dove ha saputo colpire il “sentimento”, far leve sull’emozione, così il fotografo Ian Rankin ritrasse per la prima volta sei donne comuni, con le loro forme “comuni” e taglie diverse.
Proporsi in questo modo destò l’attenzione dei media e del pubblico (per dirla alla Seth Godin avevano messo una mucca viola tra migliaia di mucche marroni), da qui una serie di dibattiti e conversazioni sulla visione ristretta della società a proposito della bellezza femminile ovvero al di là del prodotto e dentro il tessuto culturale.
I risultati ottenuti non si misurarono solo in termini di conversazioni, ma anche di vendite, infatti nel solo mese dopo il lancio della campagna le vendite raddoppiarono.
Visto il successo, Dove progettò una strategia di marketing basata proprio sul concetto di “donna autentica” e nello specifico mise in campo:
Pubbicità: manifesti in cui si continuava la discussione sul tema donne bellezza, ad esempio in un manifesto veniva mostrata una donna anziana con la scelta rugosa o radiosa? E poi la scritta “La società accetterà mai che la vecchiaia possa essere bella?”
Un sito internet intenazionale e diversi siti nazionali che non solo continuavano la campagna, ma alimentavano la discussione con la creazione di forum in cui incentivare la partecipazione.
Dove ha spostato in focus dal prodotto in sé a un concetto più culturale ovvero “cambiare lo status quo e offrire al suo posta una visione di bellezza più estesa, più salutare, più democratica”. Questo concetto sposta l’iniziativa di Dove da puro marketing a comunicazione fino a coinvolgere la responsabilità sociale d’impresa.
In altre parole Dove ha compreso che vendere bellezza non bastava, ha ribaltato il concetto di donna-immagine o di donna-perfetta che si vede nelle pubblicità, si è avvicinata alla donna comune, ha sposato le sue esigenze e ha creato una connessione emotiva con i suoi clienti.
Ecco quindi che il marketing virale poco ha a che fare con il banale, il sesso o il ridicolo. Esso si realizza quando si dà un buon motivo alle persone per raccontare/parlare del brand. Da sempre il passaparola è il primo meccanismo di trasmissione delle nuove idee e oggi, con l’avvento dei Social Network, il passaparola ha acquistato una forza mai possibile prima.
Il marketing virale si deve inequivocabilmente basare sul passaparola spontaneo, passaparola di informazioni, opinioni, considerazioni sul brand e/o sul prodotto. Non a caso siti come TripAdvisor e altri siti di opinioni oggi la fanno da padrone.
Le ricerche sul tema dimostrano che il consenso sociale ovvero il passaparola tra simili è molto più convincente (ci si fida di più) rispetto a qualsiasi altra forma di pubblicità indotta.
Per questo motivo le aziende dovrebbero lavorare sul DNA virale della loro campagna di marketing ovvero progettare una comunicazione che abbia in sé il “germe” che possa innescare la conversazione. Proporre argomenti attuali e rilevanti per la società in cui si propone.
I primi passi sono:
- identificare il target ovvero le persone che possono essere interessate al prodotto;
- iniziare la conversazione nei social network di riferimento (ovvero dove è possibile trovare le persone in target);
- incoraggiare la condivisione e la diffusione.
In altre parole la comunicazione deve andare al di là delle caratteristiche del prodotto, ma crea un messaggio che possa “emozionare”, coinvolgere emotivamente, far discutere, stimolare intellettualmente e culturalmente il potenziale cliente che, se coinvolto, inizierà a conversare sul prodotto e a condividere con i suoi amici.
Bisogna stare attenti a valutare gli elementi virali che girano in rete, troppo spesso si tratta di video semplicemente bizzarri, irrilevanti, assurdi, o romantici, teneri, censurati dai media tradizionali ed altro ancora.
Tuttavia molto spesso, anzi il più delle volte, questi video con milioni di visualizzazioni non hanno alcun rendimento (o molto poco) dal punto di vista del ritorno economico.
D’altra parte troppe volte le agenzie di comunicazione e pubblicità sono ancora troppo legate a modelli di brief che oggi sono poco di aiuto al Web Marketing e soprattutto al Viral Marketing. Concetti come Insight (comprensione del consumatore), Benefit (beneficio), Reason why (Motivazione) possono limitare la creatività. È chiaro che non necessariamente si debba abbandonare la volontà di comunicare le caratteristiche del brand, ma di andare oltre e coinvolgere i valori, le “emozioni culturali” e non solo il grottesco e il divertente.
Strumenti di valutazione per la creazione di una campagna di Marketing Virale
Dopo questa panoramica teorica, voglio fornirvi un interessante elenco di domande da porvi quando progettate una campagna di Viral Marketing. Questo modello di analisi è stato introdotto da GoViral una delle più importanti agenzia di marketing virale al mondo.
L’analisi è semplice: date un punteggio da 1 a 5 alle sette domande, sommate i punteggi e se il risultato è sotto a 15, siete lontani da un buon “DNA Virale”, mentre se superate la soglia del 25 allora la vostra comunicazione ha tutte le carte in regola per diventare virale.
- Outstanding story – La storia deve essere divertente, provocatoria, irriverente, sovversiva, “fuori di testa” per catturare l’attenzione.
- Stickiness – Il contenuto deve essere fresco, qualcosa che l’utente non ha visto prima o comunque migliore di ciò che ha già visto.
- Relevance – L’associazione con la marca deve essere sottile, deve intrattenere con leggerezza senza troppi riferimenti diretti alla marca.
- Portability – Deve essere presentata con un format facilmente condivisibile in Rete.
- Shareability – Gli essere umani hanno la tendenza innata a raccontare storie, quindi condivideranno e creeranno conversazioni quando il materiale offre i giusti spunti.
- Timing/Actuality – I riferimenti devono essere ad avvenimenti attuali: dato che la vita media di una notizie è breve, questi devono essere utilizzati con la massima tempestività per evitare di essere respinti.
- Seeding hook – Il pay-off deve avvenire rapidamente; il tempo e denaro e i consumatori non vogliono far sprecare tempo alle altre persone.
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fonte: “Marketing non-convenzionale”, Il Sole 24 Ore.
Tag: campagne di marketing, comunicazione vincente, marketing virale, viral marketing